Facendomi film nella testa
- Tola Ní Shúilleabháin
- Jul 11
- 2 min read
E finalmente veniamo al quinto saggio del SpeakEasy, quello nella mia lingua preferita, quella che considero la più bella, la più visiva, la sfiziosa; l’italiano.
I parlanti spagnoli ed italiano si ricordano spesso a vicenda di no hacerse peliculas en la cabeza o di non farsi film nella testa. Ma per me, fare film mentali è un pilastro della mia persona. Non solo voglio e ho bisogno di questi film mentali, ma li vedo con tutto l’attaccamento e dedizione seria di una regista di alto cinema.
A me piace immaginare le possibilità, le storie e le vite diverse che potrebbero accadere; lo godo quasi quanto vivere quelle che accadono davvero. Hacerse películas en la cabeza significa vivere più vite, comprendere meglio ciascuna, entrare più profondamente in empatia con gli altri ed esercitare quella che considero la più miracolosa delle facoltà umane — l’Immaginazione. Per me, la lingua italiana cammina mano nella mano con l’immaginazione. Non solo nel senso onirico di ciò che potrebbe essere, ma anche nel senso incommensurabilmente utile e nobile di sognare ciò che è. È la lingua che sa romanticizzare la vita – come si usa dire oggigiorno – senza forzarla, semplicemente rivelandone la poesia intrinseca.
L’italiano è la lingua dell’emozione allo stato puro: è il primo sorso di birra in un venerdì sera soleggiata, è lo sguardo al tabellone nel momento esatto in cui il fischio finale sancisce la vittoria della tua squadra. È l’esplosione della gioia e la teatralità sincera dei sentimenti. Benché coabiti — o forse proprio per questo — con una delle religioni più rigorose e austere, la cristianità, la lingua italiana si abbonda alle emozioni.
Non sto giocando con i cliché – parlo di qualcosa di profondamente reale, di ciò che l’italiano fa dentro di me. Quando la mia mente si volge a questa lingua, sento spalancarsi le porte del cuore, pronto ad accogliere una vivacità ardente, contagiosa, luminosa. Una vivacità che, lo riconosco, lascia in ombra altre emozioni preziose: la riflessività che il francese mi ispira, l’umorismo tagliente dell’inglese, o la malinconia agrodolce che l’irlandese mi regala. Ma nell’italiano, tutto ciò che sento si accende — e, in un certo senso, prende vita.
In altre lingue, faccio questi film nella testa, però francamente tendono a essere molto più banali o stressanti rispetto a quelli che creo dopo un po’ di tempo passato a pensare e parlare in italiano. I miei film mentali italiani sono semplicemente di qualità superiore.
Sembra un secolo che non parlo italiano, e spero che questo possa cambiare presto. Fino ad allora, mi basterà sognare qui nello SpeakEasy.






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